mercoledì 27 giugno 2012

Essere briganta

Se c'è una distinzione da fare da brigantesse e brigantesse, certamente una è quella tra brigantesse e donne dei briganti. Sprezzatamente chiamate "drude" di briganti , le donne che si diedero alla macchia lo fecero per diverse motivi più o meno consapevoli. C'era chi seguiva il proprio uomo per continuare il ruolo che aveva svolto in famiglia; c'è chi , al ruolo svolto in famiglia, aggiungeva altre mansioni delicate , come l'attività di informatore, procacciatore di mezzi e chi, infine,  combatteva in prima fila, partecipando  ad assalti, sequestri e rapine.
Guerrigliera accanita, donna coraggiosa e passionale, fu Filomena Pennacchio, la quale per sottrarsi al marito,  impiegato del tribunale di Foggia, uomo geloso e violento, lo uccise  conficcandogli uno spillo d'argento nella gola. La sua storia, di cui l'omicidio del marito  è solo l'inizio, ha alimentato la fantasia popolare dando vita ad una novella cantata nelle piazze dei paesi dai cantastorie.

Filomena Pennacchio, dopo aver ucciso il marito,   diviene l'amante di  Michele Caruso, luogotenete del brigante Carmine Crocco. 
Ebbe poi una fugace relazione con Carmine Crocco e infine con il suo luogotenente Giuseppe Schiavone, con il quale sembra abbia conosciuto il vero amore ; infatti il legame fu più duraturo.
All'età di circa 21 anni mise a segno il suo primo colpo, in un podere di Migliano, vicino al comune di Trevico  contro una donna chiamata Lucia Cataldo, la quale non aveva consegnato a Schiavone denaro e oggetti d'oro che il brigante le aveva ordinato di cedere. Come atto intimidatorio, la Pennacchio, davanti ai  suoi occhi, sgozzò un bue di sua proprietà e se ne andò.  Ancora,  il 4 luglio 1863 , in località Sferracavallo, in Campania,  si rese partecipe dell'uccisione di 10 soldati italiani della 1ª Compagnia del 45mo fanteria; assieme a lei vi erano Schiavone,Michele Caruso  ed altri 60 uomini circa.
La relazione tra la Pennacchio e Schiavone non venne accettata da Rosa Giuliani, che Schiavone aveva tradito per lei. Presa dalla gelosia, la donna rivelò alle autorità di pubblica sicurezza il nascondiglio dove si trovava Schiavone ed alcuni suoi uomini, che furono catturati dalle truppe sabaude e portati a Melfi. Filomena, in quel momento incinta, non era presente alla cattura del suo uomo: anche lei si trovava a Melfi, ma nascosta in casa della levatrice Angela Battista Prato.
Prima di essere giustiziato, Schiavone chiese di poter vedere Filomena per l’ultima volta. La Pennacchio decise di incontrarlo, lui si inginocchiò e la baciò calorosamente per l'ultima volta, chiedendole perdono. Schiavone sarà fucilato dai militari italiani la mattina del 28 novembre 1864. Rimasta ormai sola e senza speranza di via d'uscita ( la tenacia e la forza di Filomena, in quel momento in attesa del suo primo bambino, avranno ceduto a quel senso di fragilità che è uno stato psicologico abbastanza diffuso nelle donne incinte) ,  la brigantessa si arrese e collaborò con le autorità, contribuendo all'arresto di Agostino Sacchitiello, della sua banda e  delle brigantesse (nonché sue amiche) Giuseppina Vitale e Maria Giovanna Tito (quest'ultima era allora la compagna di Crocco).

Condotta davanti al tribunale di guerra di Avellino,  Filomena fu condannata a 20 anni di lavori forzati, che vennero poi ridotti a 9 ed infine a 7. Da quel momento, la donna entrò in un periodo di completo anonimato, che durò per il resto della sua vita. Le brigantesse erano destinate o alla gogna pubblica di una morale perbenista o ad essere osannate da quella classe di contadini a cui appartenevano o a vivere in un anonimato che, alla fine, le portava ad accettare un matrimonio  di convenienza  e a chiudere i loro giorni in una quotidianità così violentemente rifutata in giovinezza.

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