sabato 20 aprile 2013

Una domenica a Ostia antica


Se siete alla ricerca di emozioni e pensate che esistano luoghi e modalità diverse, l’UNITRÈ di Vicovaro ha l’onore di suggerirvi un luogo, non molto lontano dai vostri abitati, comodamente raggiungibile, una meta indimenticabile, soprattutto se avrete la fortuna di essere introdotti nei segreti della sua storia dalla sapienza affabile della professoressa Sonia Gallico, architetto e storica dell’arte già nota ai nostri soci per le sue lezioni.
Una domenica qualsiasi, come quella del 14/04/2013, è una scommessa già vinta, potrà trasformarsi in una giornata superba, tra orecchi attenti, occhi beati e piedi calcanti i lastroni di un antico decumano, quello di Ostia antica. Una molteplicità di piedi, visto che un gruppo di oltre quaranta persone si è ritrovato all’ingresso di uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, per una lezione di storia dell’arte all’aperto.
C’è da stupirsi ad ogni passo, camminando tra necropoli, insulae, terme, mitrei mosaici e colonne…C’è da rimanere senza fiato nell’ammirare il paesaggio di rovine immerso in una vegetazione rigogliosa ma curata, in cui i pini la fanno da padroni.Non era così l’aspetto urbanistico della città portuale, ha precisato più volte la professoressa. La vegetazione, infatti, fu introdotta a partire dagli anni ’40 e col tempo, divenendo invasiva, ha profondamente modificato l’aspetto di Ostia. Per avere un’idea complessiva dell’abitato, immaginate un insieme di case alte anche tre o quattro piani, edifici pubblici e strade strette, fittamente distribuite lungo gli assi viari principali e potrete facilmente intuire quanto poco spazio fosse lasciato alla vegetazione, continua la studiosa. Certo il tempo ha introdotto trasformazioni ben più profonde: il Tevere si è “allontanato” a seguito di una alluvione risalente al 1557 e la linea di costa è arretrata di circa 4 Km, per l’avanzata della terraferma dovuta ai detriti lasciati dal fiume negli ultimi 2000 anni.
Ma procediamo ab urbis origine.
I primi resti risalgono al IV secolo, epoca di fondazione del castrum; secondo alcune fonti la città è più antica e risalirebbe al VII secolo, al regno di Anco Marcio, quarto re di Roma, ma non esistono fonti materiali che ne attestino la veridicità. Forse la ripresa degli scavi (c’è ancora molto lavoro da fare, precisa Sonia Gallico. Tutta l’area antistante l’aeroporto di Fiumicino attende di essere scavata, mentre a breve inizieranno gli scavi presso l’Isola Sacra, isola artificiale voluta dall’imperatore Traiano come punto di collegamento tra il Tevere e il mare). La scelta del sito fu determinata dalla presenza delle saline. Il sale, attraverso il Tevere, giungeva a Roma e da qui veniva avviato verso le zone interne, lungo l’asse viario che ancora oggi porta il nome di via Salaria. Intorno al 70/80 a.C furono realizzate le mura perimetrali , intervallate da tre porte, Porta Romana, Laurentina e Marina, fuori delle quali trovavano collocazione le necropoli.
La prima tappa della nostra visita è proprio la necropoli che precedeva la Porta Romana. I riti funebri erano molto importanti; si praticavano sia l’inumazione in sarcofagi o a terra , sia la cremazione. La Tomba degli archetti , così chiamata per la presenza, sul recinto, di cinque arcate decorate con raggi e teschi , ospita al suo interno delle nicchie per le urne cinerarie. Sull’architrave della porta di ingresso, un acronimo ammonisce: HOC MONUMENTUM HEREDEM NON SEQUETUR (H.M.H.N.S.) La tomba diventava un bene indisponibile anche per l'erede, che pertanto non poteva disporne a suo piacimento.
Ostia antica è una scuola a cielo aperto, ha affermato la professoressa; chiunque voglia studiare le tecniche costruttive romane (opus quadratum, incertum, reticulatum, testaceum, mixtum) o apprendere le pratiche di restauro adottate nel corso della storia, potrà farlo qui.
Ma Osta antica è anche la città dei restauri ben fatti e delle ricostruzioni arbitrarie. Tra i falsi più eclatanti c’è il Teatro, la cui costruzione non è originaria ma risale ad un’operazione complessa, nella quale confluirono anche considerazioni di altro genere.
Siamo tutti seduti sui gradini della cavea; il sole è alto nel cielo e si fa sentire; qualcuno vorrebbe fare una pausa per una caffè, ma le parole della Gallico ci scuotono e ci inchiodano: vogliamo sapere e capire. Iniziano le prime domande; lo stesso Presidente, Costantino Centroni, voce autorevole in qualità di Sovrintendente alle Belle arti, viene invitato ad esprimersi circa l’orientamento della Sovrintendenza sul carattere dei restauri: conservativi o ricostruttivi?
In sostanza la “faccenda “ è questa: il Teatro è un falso. Le arcate esterne, infatti, risalgono agli anni ’30 (le volte sono in cemento armato!) e la cavea fu progettata nel 1926. Se l’impresa ebbe un protagonista principale, questi fu certamente Guido Calza, archeologo di grande fama, il quale fece realizzare la gradinata nel giro di un anno, utilizzando materiale in pietra proveniente dalla città etrusca di Veio. L’intervento ricostruttivo, che peraltro si richiamava a illustri precedenti ( già dalla fine dell’Ottocento un altro archeologo , Rodolfo Lanciani, aveva ipotizzato l’esistenza del teatro e iniziato gli scavi in quel punto) era parte di un’operazione socio-politica voluta dall’alto che intendeva fare di Ostia antica un luogo di svago e di cultura, promuovendo il teatro classico, soprattutto in vista dell’Expo del 1942. Quanto poi, la retorica fascista di quegli anni, nutrita di classicismo e di romanità, abbia sostenuto l’intervento, possiamo immaginarlo agevolmente.
I tasselli ricompongono il contesto e c’è anche luogo per la comprensione, ma tutti riteniamo che per interventi ricostruttivi di tali dimensioni, la segnaletica dovrebbe farne menzione.
Ostia antica non finisce di stupirci. Una galleria di edera e altri arbusti ci introduce nella cosiddetta Horrea di Ortensio; si tratta di un luogo un tempo ospitante i magazzini della città portuale, oggi completamento invaso dalla vegetazione, sulla quale si ergono, svettanti verso l’alto, colonne in tufo e travertino di ordine tuscanico. Alla funzione commerciale di Ostia, sono strettamente legate anche le botteghe delle corporazioni nel piazzale omonimo, il cui pavimento mostra dei mosaici ancora in buono stato, riproducenti disegni e scritture relative ai mestieri e alle provenienze. Città multietnica, sottolinea qualcuno, con presenze e testimonianze da tutte le regioni del mondo allora conosciuto; addirittura elefanti, figure di elegante fattura che sono ancora lì a testimoniare i contatti con i mercanti indiani. Forte anche la presenza di una comunità ebraica (sembra che qui sia stata realizzata nel II sec.a.C. la prima sinagoga europea), nonché di comunità orientali, come testimoniano i mitrei, luoghi sacri, di origine persiana.
Ne visitiamo due :il Mitreo della Casa di Diana e il Mitreo delle Terme di Mitra. A Ostia Antica se ne contano circa quindici, accanto ad altri edifici dedicati alle divinità tradizionali (Triade capitolina) o alle basiliche paleocristiane. Il primo risalente al III secolo, è ricavato nel luogo più buio della casa. I mitrei, in genere, occupavano una grotta o una cavità naturale e anche quando non erano situati in luoghi sotterranei, erano tenebrosi e privi di finestre. Lo spazio a forma di rettangolo ospitava ai lati due panchine per il banchetto rituale, mentre la statua del dio Mitra trovava posto sul fondo, all’interno di una nicchia. Di dimensioni modeste, i tempietti spesso sorgevano vicino all’acqua, elemento importante nel rito della purificazione. Il secondo mitreo si trova nei sotterranei di un complesso termale; sul fondo è ancora visibile la statua in marmo del dio Mitra, illuminato dalla luce proveniente da un lucernaio superiore.
Quanta differenza rispetto alla maestosità del Capitolium, distante da qui appena cinque minuti di cammino!
È arrivato il momento di fare la pausa che è stata rimandata; qualcuno è stanco e ha bisogno di ristorarsi. Dietro la professoressa, procediamo a rilento, ma il ritmo dei nostri passi non è solo cadenzato dal caldo. Non possiamo fare a meno di guardare gli edifici che si estendono davanti ai nostri occhi. Qualche sguardo più attento coglie altri particolari: frontoni, timpani, colonne giganti, forse portate qui da Ercole in persona.
Ogni angolo scopre un particolare, ogni rovina trasuda un racconto di parole antiche. L’edera avvolge in un abbraccio di delicatezza decisa archi miracolosamente in piedi. Nell’aria un effluvio di brezza marina annuncia che l’estate è alle porte.
E allora pensiamo che non basterebbe un intero giorno, un’intera settimana per scoprire la città millenaria.
La nostra passeggiata al sito archeologico di Ostia Antica termina con un pranzo a base di pesce al ristorante “Lo sbarco di Enea”.


Articolo a cura di: Margherita Crielesi

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un commento